La Terza Stanza

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Libera traduzione di 'The third room' di NSCarter pubblicata il 22 febbraio 2017 su Literotica.

Nel suo profilo, NSCarter indica come paese d'origine l'Europa centrale e come professione traduttore. Dalle sue storie si intuisce che il paese è la Francia. In effetti l'ambientazione 'noir' e un certo decadentismo culturale della narrativa richiamano la letteratura erotica francese.

++++++++++++++

Vivo nel terrore che arrivi il giorno in cui mia moglie mi condurrà nell'altra stanza, quella che di solito non usiamo: la terza stanza. Però, per un altro verso, questa prospettiva mi eccita. Mi arrapa più di ogni altra cosa e immagino continuamente come sarà; a volte mi si presentano delle scene singole e a volte mi immagino uno scenario completo, dall'inizio alla fine. Anche se quando facciamo l'amore non se ne parla, è un qualcosa che aleggia nell'aria. Forse la stanza non verrà mai usata, ma la sua sola esistenza conferisce più forza, acutezza ed intensità emotiva ad ogni nostro atto intimo, ad ogni carezza che ci scambiamo. Anche un pasto ordinario deve sembrare così pieno di sapore esotico al condannato quando sa che potrebbe essere l'ultimo.

E io sono un condannato. So di essere colpevole, e che la mia sentenza è giusta. Ma forse sono come uno di quei prigionieri senza speranza, lasciati ad aspettare nel braccio della morte, senza mai sapere quando sarà giustiziato, senza nemmeno poter sperare che un qualche appello vada a buon fine. E poi un giorno qualcuno arriva, inaspettato, per portarlo in quella stanza con la sedia speciale, e lui si rende conto che ogni speranza era solo un'illusione, un'altra forma di punizione.

L'attesa. Forse lei non ha mai avuto l'intenzione di andare fino in fondo; è solo una minaccia per tenermi "sulla retta via". Forse non ha ancora deciso e reagirà a seconda delle mie azioni, ma chissà, non in modo prevedibile? Oppure, come a volte credo, forse sta solo aspettando un punto di innesco preordinato: quando sarò completamente innamorato di lei, infatuato oltre ogni limite, aldilà di ogni mia immaginazione, solo allora sarà il momento della breve passeggiata verso la terza stanza.

Dovrei presentarvi le altre due stanze, o più precisamente, le camere da letto, del nostro appartamento. C'è quella che io considero la "mia" camera anche se in un altro senso è la nostra stanza, perché è il luogo dove passiamo la maggior parte delle nostre notti, e non pochi pomeriggi. E' una stanza estiva, esposta a sud sul parco, piena di una luce che fa pensare al Mediterraneo, anche se è lontano da qui, con i blu tenui delle pareti e degli arredi che si combinano per evocare tutto ciò che è luminoso, calmo e sereno. Il balcone con i suoi mobili in bambù, la profusione di piante e gli uccelli e le farfalle che ne vengono attirate. Nella sobrietà dell'arredamento, l'elemento principale è il generoso letto matrimoniale.

A volte, mentre siamo sdraiati sul letto, m sembra di sentire e assaporare l'odore del mare, anche se simo in una città lontana molti chilometri dalla costa. C'è sempre il gioco della luce, il chiarore del sole pomeridiano sui nostri corpi nudi e sembra quasi che ci siano molte più notti di luna piena di quante dovrebbero verificarsi in un mese.

Anche il nostro fare l'amore in questa stanza è leggero e solare, quello che una volta si chiamava "sesso alla crema", una scopata occasionale, senza fretta, casuale e fatta con amore -- due animali sani che fanno ciò che viene naturale.

Ma il sesso ha solo un tempo, il presente, il suo ricordo è solo una pallida eco e l'attesa è spesso un desiderio che non verrà mai soddisfatto. Per quanto bella e sensuale una donna possa essere, non importa quanto si arrenda completamente a voi, quanto completa sia la vostra conquista o la vostra dominazione sessuale, l'atto sessuale esiste solo nell'adesso, libero da qualsiasi passato o futuro. Domani è come se non fosse mai successo e voi dovrete di nuovo riconquistarla, ancora una volta.

Poi c'è la stanza invernale, quella della mia amata. Si trova nella parte nord, con una finestra che dà su uno stretto vicolo di servizio, apparentemente frequentato solo da topi e reso ancora più buio dalla massa senza finestre di un vecchio magazzino di fronte che si estende ben più in alto del nostro secondo piano.

E' una stanza dai colori rosso scuri, piena di tappeti e di una replica di armatura medievale che per qualche motivo indossa una pelliccia. Per paradosso, alle pareti ci sono fotografie di giungle tropicali dai colori brillanti, che dovrebbero sembrare fuori posto, ma non lo sono. Forse la mente le vede come finestre su un altro mondo.

E poi ci sono gli specchi, molti dei quali antichi, non sempre veritieri, disposti in modo che quando la stanza è illuminata da candele, come accade sempre quando ci sono io, anche un paio di candele diventano una moltitudine, e più di una volta ho cercato di spegnere quello che era solo un riflesso.

Non so mai quando passeremo la notte in questa stanza -- forse ci sono degli indizi, ma non ho ancora capito quali siano. Tutto quello che conosco, quando mi convoca, è quel certo sguardo sul suo viso, una combinazione di crudeltà sensuale e divertimento, e il collare nero che porta attorno alla gola con un gioiello pendente rosso scuro.

Sono giochi di dominazione, - all'inizio anche con delle corde e lei che indossava una maschera di carnevale bordata di pizzo nero, con lei sempre sopra di me -- ma adesso tutti gli oggetti di scena non ci sono più, e comunque non ne aveva mai avuto bisogno per affermare il suo potere. La sua pelle sembra più scura in questa stanza, e i suoi piccoli seni più appuntiti. Entro nella stanza sempre nudo. Non ci dormo mai, ne vengo sempre allontanato dopo essere stato usato e vengo mandato a dormire per il resto della notte nella mia stanza, mentre la bestia, sazia, smaltisce il suo pasto dormendo.

Anche il modo di fare sesso è diverso. Nella stanza d'estate non vuole che le lecchi la figa, mentre in quella d'inverno fa parte del suo rituale il sedersi sulla mia faccia ed esigere da me il piacere, che lei accetta come dovuto, con un orgasmo trionfante, vibrante e rumoroso. Poi, una volta finito, si lascia scivolare giù sul mio cazzo e mi costringe quasi con violenza a raggiungere l'orgasmo. Nel mio interno io tento sempre di resistere, cercando di non permettere che l'orgasmo mi venga estorto senza il mio consenso, ed ogni volta risulta inutile perché lei si limita a fissarmi con i suoi occhi scuri e scintillanti, con un sorriso crudele sul viso, accelerando costantemente il ritmo dei suoi movimenti finché non vengo con un gemito di disperazione. E a quel punto vengo congedato.

Eppure, quando mi sveglio al mattino, ogni volta me la trovo accanto, che dorme serena, senza mostrare alcun segno della notte passata. E' come se non fosse mai successo -- o almeno, le regole non scritte, non mi permettono di parlarne.

E poi c'è la terza stanza. Finora l'ho vista solo una volta, ed era come specificato nel 'contratto'. Rimane sempre chiusa, ma la porta è una presenza palpabile anche quando non la vedo. Dato lo scopo per cui viene usata, ci si aspetterebbe che fosse arredata di nero, in modo ancora più cupo e crudelmente sensuale della stanza d'inverno, ma in realtà è di un bianco quasi clinico, con un semplice pavimento di legno lucido, senza finestre e senza quadri.

Nella terza stanza ci sono solo due mobili: un semplice letto basso, con un lenzuolo bianco, ma senza coperte, e una semplice, ma solida sedia di legno con schienale alto e braccioli, fissata saldamente al pavimento e munita di cinghie per tenervi qualcuno.

No, non uno qualsiasi. Le cinghie servono per tenermi lì; braccia, gambe e collo sono fissati in modo che possa guardare solo il letto di fronte.

Solo lei ha la chiave della terza stanza. E' sempre con lei nel suo portachiavi. Una chiave perfettamente normale, solo che io so cos'è e tutte le volte che la intravedo provo sempre un blocco allo stomaco e, allo stesso tempo, un afflusso di sangue proprio più sotto.

Qualche volta mi immagino la scena come una sorta di rito. L'uomo che "officia" come un prete: uno che sposa così tante coppie in un anno che l'atto diventa una routine. Domani ci sarà un altro matrimonio, e fra una settimana non si ricorderà nemmeno i nomi. Ma svolge la sua funzione con una disinvoltura che viene dalla pratica, tanto più perché non si tratta della sua amata, della sua dolce metà, ma della mia. A differenza dello sposo, che armeggia con l'anello e non sa dove mettersi, lui l'ha fatto molte volte, conosce perfettamente il suo ruolo e si può contare sul fatto che mi rovinerà la vita con totale indifferenza. L'assoluta casuale brutalità dell'atto gli rende la cosa ancora più facile.

Una scena molto ben immaginata, in parte sogno ad occhi aperti, in parte fantasia, parte dall'idea delle tre fasi dell'annegamento, di come la terza volta che si affonda sia l'ultima, proprio come la terza stanza. La prima volta lui posiziona la donna che amo, e mia anima gemella, con le mani sulle estremità dei braccioli, appena fuori dalla portata delle mia braccia legate con le cinghie, chinata in avanti su di me, nuda, naturalmente, non abbastanza vicina da poterla baciare anche se ha l'aria di volerlo fare. Almeno all'inizio.

Lei mi guarda diritto negli occhi, cercando di inviare silenziosi messaggi di amore e rassicurazione, ed è sempre così espressiva nel suo sguardo. Poi, dopo una pausa d'attesa carica di tensione, che lui può permettersi perché sa già come andrà a finire, l'uomo si lascia scivolare dentro il suo corpo.

Lo sguardo di lei in qualche modo si ritira, mentre il suo viso rimane solo a pochi centimetri dal mio, la sua attenzione è ora concentrata su quella sensazione di pienezza, e comincia a rendersi conto che la sua convinzione che questa sarebbe stata una performance in cui lei avrebbe recitato la sua parte solo per il mio "beneficio", è assurda. Improvvisamente debole, ha bisogno delle braccia e delle gambe per sostenersi, lasciando così all'amante la libertà di posare una mano su quel triangolo di pelo per poi scivolare più sotto e trovare con facilità, derivante da lunga pratica, il punto esatto da toccare, in quella che è solo una promessa dell'estasi futura.

I primi suoni che escono dalla sua bocca sono involontari, non un gemito teatrale di lussuria, ma poco più di un sospiro, un'espirazione vocale. Adesso lei è riluttante a guardarmi negli occhi, ma lui la costringe, non in modo brusco, ma afferrandole con decisione una manciata di capelli per tirarla di nuovo di fronte a me nel momento stesso in cui lui inizia a muoversi lentamente dentro di lei, e poi fuori di nuovo, alternando colpi veloci e lenti.

Mi lancia uno sguardo forse di scusa e poi passa in un altro mondo. Troppo tardi si è impegnata in una futile resistenza interna, pensando che rinunciando all'orgasmo si possa far passare la voglia, e, naturalmente, lui se ne accorge e lo usa per aumentare la tensione, usando senza pietà le dita per mantenerla appena al di là di ogni possibilità di trattenere l'orgasmo, ma negandole crudelmente la piccola grazia di una rapida sconfitta. Ho così modo di studiare in dettaglio la squisita abiezione di una bella donna quando perde il controllo di sé e viene costretta a raggiungere l'orgasmo.

La seconda volta che affonda, lei si trova più lontana, al di là di ogni speranza di contatto, lui è sul bordo del letto e lei è seduta su di lui, di fronte a me, impalata, che affonda lentamente lungo il suo cazzo, troppo debole per fare altrimenti. E' come guardare attraverso un velo d'acqua, ma mentre lei scende nuovamente su di lui, sono io che comincio ad affogare. Questa volta i gemiti le escono con meno resistenza, le braccia rivolte all'indietro per sostenersi mentre le mani di lui si impossessano così vistosamente del suo corpo, come sin trattasse di una messa a punto della reazione di lei, evocando esattamente l'orgasmo che lui cerca da intenditore.

E la terza e ultima immersione è quando lei giace supina sul letto, completamente dimentica della mia esistenza, forse anche della sua, con le braccia e le gambe allacciate strettamente intorno a lui, guardandolo negli occhi mentre lui infrange tutte le regole non scritte e fa l'amore con lei. Questa è la mia ultima indistinta visione mentre tutta l'aria che potevo respirare se ne è andata dalla stanza.

Adesso, dopo quello che è successo ieri, la figura nelle mie visioni della terza stanza non è più un qualsiasi anonimo 'lui'. Ha un nome e un volto. Fa parte dell'accordo, del "contratto", che mentre a me non è mai permesso di parlare della terza stanza e del suo scopo, lei ha la libertà di farlo se lo desidera. Ieri, tre mesi dopo il nostro dal viaggio di nozze, lo ha fatto per la prima volta.

Siamo andati a trovare una coppia di suoi conoscenti; aveva incontrato Colette mentre erano a Parigi insieme, cosa che avrebbe dovuto mettermi in guardia, e il partner di Colette è Joe, un attore e stuntman. Abbiamo passato una serata piacevole, ma allo stesso tempo ho avvertito a tratti una strana sensazione di dissonanza fra la conversazione leggera e il modo, di cui mi accorsi, con cui Colette e Joe mi guardavano, quasi come se mi stessero valutando -- il tipo di sguardo con cui ti potrebbe osservare un dottore, uno psichiatra, o persino un artista incaricato di dipingere il tuo ritratto.

Mentre rientravamo a casa, distante solo qualche isolato, a braccetto, in una notte ancora tiepida per il calore del giorno, mi disse:

"Sai che Joe aveva un secondo lavoro veramente interessante"

"Ah, e che cos'era -- un killer?" Ero leggermente allegro per il vino che avevamo bevuto e fisicamente il suo aspetto richiamava qualcosa del genere.

"Beh, suppongo che in un certo senso non sia troppo diverso". Ero incuriosito, e lei continuò.

"Veniva pagato per cornificare i mariti - sai, quando moglie e marito sono entrambi d'accordo".

Di colpo divenni sobrio e percepii il freddo della sera. Non sapevo se mi era permesso commentare, ma, incapace di contenermi, azzardai:

"Ma Colette cosa ne pensava?"

"Mi ha detto che le è piaciuto molto. Di solito anche lei veniva coinvolta. Il suo "compito" era "prendersi cura" dei mariti, il che significava stuzzicarli e fare in modo che sentissero tutta "l'enormità" di ciò che significa essere cornuti. E lei si è offerta di tornare in attività per fare "un ultimo lavoro" con noi. E' una cosa carina da parte loro, non credi?"

Ecco cosa significavano quegli sguardi. Era lo sguardo del boia che mi misurava per decidere la lunghezza della corda e l'altezza della caduta. Ora conosco il suo nome, Joe, e so che faccia ha. Ma in un certo senso è più a Colette che penso, a quello strano momento in cui fece vedere alla mia amata un paio di guanti da opera di velluto nero, mentre sussurravano in un angolo come fanno le donne, e poi si sono girate e mi hanno guardato per un attimo, con quel sorriso che hanno le donne quando condividono un segreto.

E adesso le mie fantasie indesiderate includono Colette, con la sua voce sussurrata e femminile, e la sua mano inguantata che è la sola parte di lei che posso vedere, mentre mi spoglia anche dell'ultimo residuo di privacy, mentre guardo quella scena stereotipata, e lei mi versa veleno nelle orecchie, godendo della mia angoscia.

"A proposito, tesoro, ho invitato Joe e Colette a casa nostra per domani sera. Non ti dispiace, vero? Sarà divertente."

E sorride così dolcemente, mentre tira la leva e io sento la botola che si apre sotto i miei piedi.

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